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Allattare al seno un neonato: i benefici per il bambino, i possibili timori delle donne neo mamme e quando è sconsigliabile
L'allattamento al seno è un tema importante e al tempo stesso controverso, in quanto da una parte è riconosciuto come fondamentale per la salute e lo sviluppo del neonato, ma dall'altra viene spesso al centro di dibattiti e posizioni contrastanti.
Se pur vero che le numerose evidenze scientifiche dimostrano in modo inconfutabile i benefici dell'allattamento al seno per il lattante nei primi mesi di vita. Tuttavia permangono interrogativi e dibattiti sull'approccio da adottare verso le madri. Non tutte le donne riescono o desiderano allattare, per diverse ragioni. Ogni madre deve poter scegliere liberamente la soluzione migliore per la propria situazione, senza sentire pressioni sociali o morali.
L'allattamento al seno nel primo periodo della vita apporta numerosi benefici fisici e cognitivi al neonato. Innanzitutto, il latte materno costituisce l'alimentazione perfetta per il bambino, ricco di tutti i nutrienti di cui ha bisogno in questa delicata fase di crescita. Contiene gli esatti livelli di carboidrati, lipidi, proteine, minerali e vitamine necessari per sostenere lo sviluppo del sistema immunitario, cerebrale e digestivo del lattante.
In particolare, il colostro presente nei primissimi giorni dopo il parto è fondamentale per proteggere il bambino dalle infezioni. Contiene infatti un'alta concentrazione di anticorpi che aiutano a formare il suo sistema immunitario. Il latte materno, inoltre, favorisce la crescita della flora intestinale benefica, grazie alla presenza di probiotici naturali come oligosaccaridi e lattobacilli. Ciò protegge il bambino da gastroenteriti e diarree nei primi mesi di vita.
Allattare risulta importante anche per lo sviluppo neurologico. Gli acidi grassi a catena lunga presenti nel latte aiutano infatti la formazione delle membrane cellulari del sistema nervoso e promuovono il corretto sviluppo del cervello e delle funzioni cognitive.
Attraverso il latte materno il neonato riceve nutrienti modulati perfettamente sulle sue esigenze, oltre ad agenti protettivi fondamentali per la salute e la crescita fisica e neurologica nel primo anno di vita. Per questo l'allattamento al seno risulta raccomandato in via esclusiva per i primi 6 mesi di vita e proseguito per almeno il primo anno.
Oltre a fornire il nutrimento ottimale per la crescita e lo sviluppo del neonato, l'allattamento al seno presenta numerosi vantaggi anche per la salute e il benessere della neomamma. In primo luogo, accelera il ritorno dell'utero alle dimensioni originarie dopo il parto. Ciò avviene grazie alla produzione di ossitocina indotta dall'allattamento, l'ormone che stimola le contrazioni uterine e favorisce l'involuzione dell'organo.
Anche il rischio di tumore al seno si riduce sensibilmente nelle mamme che allattano. Molti studi (tra i quali: American Cancer Society. Breastfeeding and Breast Cancer Risk e il World Health Organization. Effect of breastfeeding on the risks of breast cancer) confermano che l'allattamento esclusivo per almeno 6-12 mesi riduce fino al 4-6% il rischio futuro di tumori mammari. Ciò è dovuto al fatto che l'attività mammaria legata all'allattamento diminuisce i cicli ovulatori e l'esposizione agli ormoni coinvolti nello sviluppo del cancro.
Allattare ha benefici anche su salute metabolica e peso. L'aumento del metabolismo indotto dalla produzione di latte porta a un più facile recupero del peso forma dopo il parto e a un minor rischio di diabete e ipertensione a lungo termine.
Infine, l'allattamento al seno ha effetti positivi sull'umore e il legame madre-figlio grazie all'aumento dei livelli di ossitocina durante la suzione. L'ormone della felicità aiuta a contrastare l'ansia e la depressione post-partum.
Mamme in buona salute significa neonati sani. Per questo i benefici dell'allattamento al seno per le donne sono molteplici e non riguardano solo l'aspetto fisico, ma anche emotivo e psicologico.
Cosa succede al seno se non allatto? Questa una domanda che molte donne si pongono subito dopo una gravidanza. Dopo il parto, il seno si prepara per produrre il latte materno attraverso un processo chiamato galattorrea. Quando la madre sceglie di non allattare, questo processo è interrotto e al seno possono verificarsi alcuni cambiamenti. I dotti galattofori che si erano dilatati per permettere il flusso di latte si restringono di nuovo. Tuttavia, questo non avviene immediatamente e per alcune settimane i seni possono risultare indolenti, turgidi e talvolta anche lievemente ingrossati.
La riduzione della produzione di prolattina, l'ormone che stimola la lattazione, causa spesso una temporanea diminuzione di volume del seno. Ciò può manifestarsi con una sensazione di vuoto o leggero disagio.
Non è invece vero che l'allattamento prevenga la perdita di tonicità del seno dopo il parto.
Studi scientifici mostrano che i cambiamenti estetici del seno sono paragonabili sia nelle madri che allattano che in quelle che non allattano (ricordiamo tra i vari studi: International Breastfeeding Journal. Breastfeeding and postpartum breast and bra size in a cohort of Australian women; il American Journal of Obstetrics and Gynecology. Breast changes after delivery, condotto presso il Boston Medical Center e il Journal of the American College of Certified Wound Specialists. Breast Changes During and After Pregnancy)
Può capitare che alcune mamme avvertano perdite di latte anche senza allattare, dovute al perdurare della funzione secretoria del seno. Ma solitamente tendono a risolversi spontaneamente nel giro di poche settimane, quando i livelli ormonali si stabilizzano.
Le modifiche del seno femminile dopo la gravidanza sono fisiologiche e simili a prescindere dall'allattamento. Spesso servono alcune settimane perché la produzione di latte cessi completamente e i tessuti tornino alla normalità, ma normalmente i cambiamenti non sono permanenti.
Esistono alcune circostanze in cui i medici sconsigliano l'allattamento al seno esclusivo, sebbene in molti casi possa essere integrato con l'alimentazione artificiale. Vediamo i principali casi:
Come si può vedere si tratta prevalentemente di patologie infettive, neuropsichiatriche e oncologiche della madre che controindicano temporaneamente o permanentemente l'allattamento esclusivo. È sempre importante consultare il proprio medico e sottoporsi a una visita ginecologica, per valutare il caso specifico e decidere la soluzione migliore nell'interesse della salute di madre e neonato.
Smettere di allattare al seno comporta alcune conseguenze documentate, sia per la madre che per il bambino. Ad esempio, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle sue linee guida sull'allattamento, sottolinea chiaramente i benefici dell'allattamento materno esclusivo per i primi 6 mesi di vita del bambino e proseguito fino a 2 anni, evidenziando i rischi conseguenti alla mancata lattazione. Allo stesso modo l'American Academy of Pediatrics raccomanda fortemente l'allattamento esclusivo al seno fino a 6 mesi di vita del bambino e proseguito oltre, citando le possibili ripercussioni negative sulla salute in caso di interruzione precoce. Tra queste un incremento del rischio cardiovascolare, di obesità e di diabete di tipo 2 per la madre.
Per il neonato, non ricevere il latte materno è associato a un minor sviluppo del sistema immunitario e cerebrale, oltre a un aumento del rischio di gastroenteriti, allergie e obesità nel lungo periodo. Anche lo sviluppo linguistico e cognitivo può risentirne.
Per la mamma, la mancata produzione di latte porta a un più lento ritorno dell'utero alle dimensioni originarie e a un minor rilascio di ossitocina, con effetti negativi sul tono dell'umore e il legame con il bambino. Aumenta anche il rischio a lungo termine di tumori, diabete e ipertensione. Nonostante i benefici documentati dell'allattamento materno, la percentuale di madri che scelgono di non allattare è ancora significativa.
Secondo i dati UNICEF, a livello globale il 40% delle donne non allatta esclusivamente nei primi 6 mesi di vita del bambino. In Italia, l'ISTAT riporta che il 15% delle madri non allatta affatto, mentre il 69% allatta per meno di 6 mesi.
Le motivazioni dietro questa scelta variano da problemi concreti legati alla produzione di latte alla volontà di non limitare le proprie attività. Pesano anche fattori culturali che vedono l'alimentazione artificiale come una scelta "più comoda". Sebbene la comunità scientifica raccomandi fermamente l'allattamento esclusivo almeno per i primi 6 mesi, è importante che ogni donna prenda la decisione sull'allattamento in modo consapevole e informato, tenendo in considerazione i pro e i contro per madre e bambino.
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