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Autismo: sintomi per riconoscerlo dalla prima infanzia fino all’età adulta
L’autismo è una neurodiversità che influisce sulla comunicazione, sulle abilità relazionali e sul comportamento della persona. La denominazione più corretta, al giorno d’oggi, è “disturbi dello spettro autistico”: un termine “ombrello” che permette di racchiudere le molteplici sfaccettature e i diversi sintomi con cui esso si presenta nei singoli individui, anche a seconda del sesso e dell’età anagrafica.
Secondo la visione odierna, l’autismo non rappresenta, di per sé, una disabilità, né comporta necessariamente un deficit a livello cognitivo. Si parla, invece, di alto o basso funzionamento, un concetto che può essere applicato a bambini, adolescenti e adulti che manifestano un quadro di compromissione più o meno accentuato, dal quale derivano limitazioni e difficoltà di entità variabile nell’apprendimento, nella socialità ed in altri ambiti della vita quotidiana.
L’autismo, dunque, non è una patologia, né può essere curato in maniera risolutiva. Piuttosto, esso è considerato una variazione normale rispetto allo sviluppo neurologico “tipico”, ossia comune alla fetta più ampia della popolazione.
Secondo alcune stime recenti, l’incidenza dell’autismo si attesterebbe intorno all’1%, con una netta predominanza del sesso maschile su quello femminile (4:1).
Inoltre, il deficit cognitivo riguarderebbe solo il 50% dei soggetti con diagnosi di autismo, mentre nel restante 50% le abilità risulterebbero pari o, talvolta, superiori alla media.
L’ultima versione del DSM - ossia il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - prevede una classificazione dell’autismo in tre livelli, a seconda della gravità dei sintomi e delle conseguenti difficoltà nelle attività quotidiane.
L’autismo tende a manifestarsi a partire dai primi mesi di vita, ma solitamente viene notato intorno ai 12-18 mesi, se non addirittura con l’ingresso nel sistema scolastico, quando i sintomi e i comportamenti anomali risultano più evidenti.
I soggetti che ricadono nello spettro autistico presentano un ritardo nello sviluppo neurologico che, generalmente, interessa le due seguenti macro-aree:
Scopriamo più da vicino come riconoscere l’autismo e i suoi sintomi più comuni.
L’autismo comporta una serie di difficoltà in ambito comunicativo, relazionale e sociale. Relativamente a questa macro-area, i sintomi più noti sono:
I disturbi dello spettro autistico coinvolgono anche le aree della sensorialità e del comportamento, dando luogo ad un’ampia gamma di sintomi, tra cui:
Al giorno d’oggi sappiamo che l’autismo può manifestarsi con sintomi che variano da persona a persona, rendendo di fatto impossibile una descrizione universalmente valida. Tuttavia, per rendere più facile la classificazione di tali disturbi, si utilizzano tre livelli di gravità (lieve, medio, grave) che corrispondono ad una compromissione più o meno significativa delle capacità cognitive.
L’espressione “alto o basso funzionamento”, invece, tiene conto del quoziente intellettivo dei soggetti autistici e serve, quindi, ad indicare l’assenza o la compresenza di disabilità intellettiva. Più nel dettaglio, si parla di alto funzionamento quando l’individuo ha un Q.I. pari o superiore a 65/70, ha sviluppato il linguaggio orale e non è affetto da disturbi neurologici. Al contrario, con basso funzionamento ci si riferisce alle persone con un quoziente intellettivo inferiore rispetto alla media, con sintomi invalidanti e deficit cognitivo.
L’autismo non scompare con l’ingresso nell’età adulta, ma alcuni sintomi possono regredire fino a risultare - quasi - “invisibili”. Ciò dipende da una molteplicità di fattori che vanno di pari passo con la gravità del quadro iniziale: uno tra tutti, la capacità di adattamento della persona (che, specie nei casi di alto funzionamento, tende a “mascherare” i suoi tratti caratteristici al fine di adattarsi ad un contesto sociale neurotipico, dando luogo ad un fenomeno conosciuto come “masking”).
Anche ricevere cure adeguate dai primi anni di vita influisce positivamente sullo sviluppo delle varie abilità (comunicative, sociali, ecc.), permettendo al bambino e, in seguito, all’adulto di affrontare con minore difficoltà il percorso di studi, l’inserimento nel mondo del lavoro, lo sviluppo di relazioni significative, ecc..
Come anticipato, i disturbi dello spettro autistico emergono in tenera età, ma divengono, via via, più evidenti dopo il superamento dei 2-3 anni e, in particolare, con l’inizio del percorso scolastico (e con il conseguente ingresso in società).
Riconoscere prima possibile i tratti caratteristici dell’autismo è importante per garantire al bambino sia il sostegno emotivo, sia le cure atte ad alleviare le sue difficoltà, allo scopo di favorirne l’autonomia e l’inserimento sociale.
Dunque, quali sono i campanelli d’allarme che, a seconda dell’età del piccolo, dovrebbero far sospettare una possibile diagnosi di autismo?
I sintomi da osservare e riferire al pediatra sono:
Ad oggi non esiste un esame diagnostico specifico per l’autismo, per cui il riconoscimento avviene sia mediante osservazione diretta, sia con una varietà di analisi e test che, a loro volta, coinvolgono diverse figure professionali (come psicologi, psichiatri, logopedisti, neurologi, ecc.), spesso organizzate in team.
Molto comune è l ’utilizzo del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), che contiene un elenco di criteri su cui basare la diagnosi, in quanto tipicamente riscontrabili nei soggetti classificati nello spettro autistico.
Ad ogni modo, l’iter diagnostico per i bambini prevede sia un test genetico di neuropsichiatria infantile, sia una visita neurologica infantile. Molto importante, poi, è verificare che i comportamenti del piccolo non derivino da altri fattori (da un eventuale deficit uditivo ad una malattia genetica non ancora individuata).
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La diagnosi negli adulti, sebbene molto più rara, rimane comunque possibile: il percorso suggerito, in questi casi, include una seduta neuropsichiatrica individuale ed una visita psichiatrica, utile a delineare il profilo del paziente ed a rilevare - o, al contrario, escludere - la presenza di ulteriori disturbi mentali.
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