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La celiachia è una malattia che rende intolleranti al glutine e ne soffre circa l’1% della popolazione italiana.
Quando nell’intestino di un malato giungono le molecole di glutine, i villi intestinali, il cui compito è quello di assorbire i principi nutritivi del cibo, si appiattiscono per difesa. Perciò, i celiaci mangiano, ma non assorbono i nutrienti. In più, soffrono di continue coliti date dall’infiammazione della mucosa intestinale.
La diagnosi della malattia, di solito, parte sempre dai sintomi più comuni ed evidenti che interessano l’apparato gastrointestinale, come nausea, diarrea e dispepsia. Tali sintomi possono essere anche ematologici, come carenza di ferro e anemia, osteoarticolari, come artrite e osteoporosi e neuropsichiatrici, come depressione e atassia.
I soggetti che presentano questi sintomi vengono sottoposti a un iter diagnostico molto complesso, fatto di test sierologici per la ricerca di marcatori anticorpali (anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio) e test genetici (HLA DQ2/DQ8) utili a indicare la predisposizione alla malattia. La conferma della celiachia deve poi essere fatta con una biopsia gastroduodenale.
Questi esami medici possono essere, da un lato, invasivi e non necessari e, dall’altro, renderebbero più difficile e meno tempestiva una diagnosi precisa della celiachia.
Tuttavia, le cose potrebbero presto cambiare. Un gruppo di ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi, infatti, ha pubblicato uno studio sulla rivista Cellular and Molecular Gastroenterology and Hepatology riguardante un nuovo test salivare che potrebbe semplificare la diagnosi della celiachia, aiutando ad individuare con maggiore precisione e tempestività i soggetti a rischio, evitando così biopsie inutili.
Secondo i ricercatori, l’esame salivare sarebbe affidabile al 91% e si basa sulla ricerca nella saliva di biomarker dell’infiammazione dell’epitelio intestinale.
L’utilizzo della saliva per diagnosticare la celiachia è già stato sperimentato in altre ricerche, ma questo è il primo studio che utilizza l’analisi di espressione genica delle citochine infiammatorie correlate alla malattia.
Per selezionare potenziali biomarcatori della celiachia, i ricercatori hanno quantificato l’espressione di 92 geni coinvolti nel processo infiammatorio in campioni intestinali e di saliva di tre pazienti celiaci e tre soggetti di controllo. Quattordici dei geni studiati sono stati espressi in tutti i campioni di saliva e intestino tenue. Gli 8 geni pro-infiammatori con i livelli di espressione più alti e riproducibili sono stati selezionati per successive analisi in campioni intestinali e di saliva di altri diciotto pazienti celiaci e ventuno soggetti non celiaci.
L’analisi dell’intestino e della saliva ha mostrato un rapporto statisticamente significativo tra i livelli di questi geni in entrambi i tessuti, e ciò indica che i cambiamenti correlati alla celiachia dell’espressione genica intestinale possono essere rilevati nella saliva.
I campioni di saliva sono stati utilizzati anche per testare la possibilità di rilevare il rischio genetico di sviluppare la celiachia. Combinando i dati sull’infiammazione e sul rischio genetico forniti dal test salivare, è stata sviluppata una formula predittiva. Inoltre, per verificare se questo modello potesse essere utile per una diagnosi non invasiva di celiachia, i ricercatori hanno eseguito un’analisi alla cieca di 100 campioni di saliva di individui valutati dai gastroenterologi come potenziali pazienti celiaci.
I pazienti, quindi, sono stati classificati come celiaci o non celiaci in base alla combinazione di 2 biomarker di infiammazione uniti alla presenza del genotipo di rischio HLA. La classificazione si è rivelata corretta nel 73% dei casi con una sensibilità del 91% e una specificità del 51%.
Il gruppo di ricercatori, perciò, ritiene che l’utilizzo di questo test della saliva potrebbe ridurre l’alto numero di casi di celiachia non diagnosticati e, allo stesso tempo, potrebbe evitare di sottoporre a biopsia soggetti per i quali questo esame non è necessario.
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