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L'endometriosi è una malattia femminile, determinata dall'accumulo insolito di cellule endometriali fuori dall'utero
L’endometriosi è una condizione che colpisce circa il 10% delle donne in età fertile, a prescindere dall’etnia o dallo status socio-economico.
L’origine è dovuta alla crescita anomala delle cellule che compongono il tessuto dell’utero - chiamato endometrio: da qui, appunto, il nome “endometriosi” - in posizione ectopica, ovvero fuori dalla cavità uterina.
La presenza di endometrio ectopico provoca un’infiammazione cronica alla zona pelvica, con pesanti risvolti sul ciclo mestruale, ma anche sui rapporti sessuali e sulla vita quotidiana delle donne affette, che spesso sperimentano vari sintomi come dolori alla schiena e stanchezza cronica.
Per lungo tempo l’endometriosi è stata considerata una “malattia invisibile”, sulla quale si sapeva poco o nulla. Eppure, non si tratta affatto di una condizione rara: basti pensare che, secondo recenti stime, la sua incidenza sulla popolazione femminile in età riproduttiva si aggirerebbe intorno al 10%, sebbene ad oggi i numeri siano ancora piuttosto incerti.
L’endometriosi tende a presentarsi nel periodo compreso tra il primo e l’ultimo ciclo mestruale: solitamente, infatti, la crescita di tessuto in zona extrauterina rallenta verso i 40 anni. In rari casi, tuttavia, si manifesta già a partire dall’infanzia e/o persiste anche a seguito della menopausa.
L’esordio può verificarsi indipendentemente da un’eventuale gravidanza, eppure pare che, nelle donne già affette, tale evento contribuisca ad accelerare lo sviluppo della malattia. Ricordiamo, di contro, che l’endometriosi rappresenta una delle tre principali cause di infertilità femminile: non a caso, numerose pazienti si accorgono di tale condizione dopo aver tentato più volte - senza successo - di rimanere incinte.
Si parla di endometriosi interna, o meglio di adenomiosi, quando l'endometrio intacca solo il miometrio, ovvero la membrana che riveste le pareti uterine, mentre l'endometriosi esterna fa riferimento alla presenza di endometrio ectopico negli organi pelvici o in altre parti anatomiche al di fuori della zona.
L'endometriosi si manifesta nelle pazienti che ne sono affette con una sintomatologia molto varia, che può arrivare addirittura a risultare invalidante nei casi più gravi, poiché in grado di intaccare tanto la vita lavorativa, quanto i rapporti familiari e, soprattutto, di coppia.
Tra i sintomi più comuni legati all'endometriosi, ricordiamo:
Sebbene l’endometriosi sia spesso associata ai sintomi sopra descritti e, in generale, ad una serie di dolorose manifestazioni che portano la maggioranza delle pazienti ad ottenere una corretta diagnosi intorno ai 25-30 anni, è possibile che la malattia si sviluppi in maniera silente.
Come già anticipato, nei casi di endometriosi asintomatica, sono proprio i problemi di infertilità - riscontrati nel 30-40% delle donne affette - a costituire il principale punto di partenza per ulteriori indagini.
Ad oggi nella comunità medica non c'è ancora un parere unanime sull'esistenza di una o più cause dirette alle quali andrebbe imputato l'insorgere dell'endometriosi nelle pazienti. Possiamo, tuttavia, ravvisare alcuni fattori che, specie se combinati, contribuiscono al suo sviluppo.
Le teorie più accreditate riconoscono come possibile causa dell'endometriosi ovarica la cosiddetta "mestruazione retrograda", ovvero lo spostamento di alcune cellule dell'endometrio nella cavità addomino-pelvica - anziché verso l'esterno - durante il ciclo mestruale.
Altrettanto valida, in particolare per giustificare la presenza di tessuto ectopico in prossimità di organi posti al di fuori dalla cavità pelvica, è la teoria della disseminazione per via linfatica o ematica. Secondo questa prospettiva, le cellule dell’endometrio entrerebbero in circolo per mezzo del sistema linfatico e/o della circolazione sanguigna, fino a raggiungere altre parti del corpo, tra cui l'apparato digerente, i polmoni e i reni.
Non sono da escludere come concause dell'endometriosi anche l'azione degli ormoni, in particolare dell'estrogeno e delle terapie ad esso connesse, e la semplice predisposizione genetica tra individui di sesso femminile direttamente imparentati.
Sono da considerarsi fattori di rischio, sebbene senza rapporto di causalità diretta, per lo sviluppo dell'endometriosi anche:
Infine, per quanto il mantenimento di un adeguato stile di vita, specialmente se associato ad un'alimentazione sana, possa contribuire a migliorare le condizioni generali di salute, non vi è dimostrazione di una correlazione diretta tra questi fattori e l'insorgere dell'endometriosi.
Nonostante i progressi avvenuti negli ultimi anni, la diagnosi di endometriosi continua a non essere semplice, in particolare se si considera che la maggior parte dei sintomi è comune anche ad altre patologie. A ciò si aggiungono convinzioni erronee che, in alcuni casi, perdurano fino ai giorni nostri: ad esempio, c’è chi ritiene che un ciclo mestruale doloroso, così come frequenti fastidi durante i rapporti sessuali, siano esperienze “normali” e non dei campanelli d’allarme.
Ad ogni modo, la diagnosi di endometriosi avviene a partire dalla valutazione della storia clinica della paziente e dalla raccolta dei sintomi e della frequenza con cui si presentano, a cui segue a ruota una visita ginecologica generale.
Si passa poi all'individuazione del tessuto endometriale ectopico per mezzo di metodi diagnostici per immagini come l'ecografia transvaginale, la risonanza magnetica o la TAC.
Il metodo più efficace per giungere non solo ad una diagnosi, ma anche ad una valutazione dello stadio di evoluzione dell’endometriosi, rimane comunque l’osservazione interna per mezzo di una sonda a fibre ottiche, talvolta associata ad una biopsia, ossia ad un’analisi del tessuto estratto.
A seconda della posizione dell’endometrio ectopico, si richiede un esame pelvico - ovvero un’esplorazione vaginale - oppure del retto e dell’ano (sigmoidoscopia) o, ancora, della vescica (cistoscopia). In alcuni casi, occorre praticare una laparoscopia - vale a dire un’incisione chirurgica in prossimità dell’ombelico, eseguita in anestesia generale - per consentire al medico di osservare l’addome e i suoi organi, allo scopo di individuare anche minime placche di tessuto (invisibili con altri metodi).
Per definire con chiarezza il quadro clinico delle pazienti affette da endometriosi, ad oggi, in Italia, negli Stati Uniti e in molti altri Paesi, si utilizza il sistema di classificazione messo a punto dall’American Society for Reproductive Medicine (ASRM). Tale metodo prevede quattro livelli crescenti in base alla gravità e all’estensione dei danni provocati dalla malattia, rilevati per mezzo delle indagini precedentemente descritte.
Più in dettaglio, i quattro stadi dell’endometriosi sono:
I sintomi dell'endometriosi sono spesso sovrapponibili a quelli di un'altra patologia sempre più diffusa tra le donne e legata all'apparato riproduttivo, ovvero il fibroma uterino Anche se le due patologie sono accomunate dalla sintomatologia, che prevede in entrambi i casi la presenza di campanelli d'allarme relativi all'irregolarità del ciclo mestruale e la presenza di dolori alla schiena, non sono in realtà collegate tra di loro.
I fibromi uterini nascono infatti dall'alterazione delle cellule muscolari del miometrio, mentre l'endometriosi come suggerisce il nome coinvolge invece il tessuto endometriale.
Un'ulteriore preoccupazione nelle pazienti è la possibilità che l'endometriosi degeneri nello sviluppo di tumore dell'ovaio o dell'endometrio. Questa possibilità si verifica in un numero molto ridotto di pazienti (3-8%), ma rende fondamentale il ruolo della prevenzione attraverso controlli e check-up costanti.
In molti casi l'endometriosi rende difficile il concepimento; come già accennato, l'infertilità femminile può essere uno dei motivi per cui, attraverso visite specialistiche, si scoprono i casi di endometriosi asintomatica, ma sussiste anche nel 30/40% dei casi sintomatici.
Si tratta sicuramente di una percentuale importante, che complica ulteriormente il quadro delle possibili terapie: qualora sia possibile, infatti, i trattamenti per l'endometriosi vengono effettuati con l'intento di preservare la capacità riproduttiva e migliorare ove possibile le possibilità di concepimento.
Non esiste ancora una cura universale in grado di bloccare o invertire lo sviluppo dell'endometriosi, ma sono disponibili diverse opzioni di trattamento in grado di mantenere sotto controllo la patologia e ridurre al minimo i sintomi ad essa associati.
Sempre per questa ragione non è previsto un trattamento per l'endometriosi asintomatica, se non si conta il monitoraggio costante tramite visite ginecologiche.
Esistono diversi tipi di terapia medica per l'endometriosi, che purtroppo non scongiurano il rischio di recidive ma contribuiscono a migliorare significativamente la qualità della vita delle pazienti e, qualora sia previsto, il concepimento.
Le terapie mediche per l'endometriosi si dividono in:
La chirurgia è valutata solo nei casi di endometriosi più gravi, che sono stati classificati negli ultimi anni come malattia invalidante a tutti gli effetti anche ai fini legali, con la possibilità di richiedere e percepire un assegno di invalidità da parte dell'INPS.
Nel caso in cui le terapie farmacologiche non facessero effetto, laddove possibile si opta per una terapia chirurgica conservativa svolta sotto anestesia generale come la laparoscopia o la laparotomia, che mediante un piccolo taglio sull'addome o una procedura laser rimuovono il tessuto in eccesso ed eventuali aderenze.
La terapia chirurgica demolitiva si attua invece solo quando si rivela l'unica alternativa praticabile e la paziente non ha interesse nel concepimento e prevede l'isterectomia totale e l'ovariectomia. In questo modo si risolve la patologia alla radice con l'asportazione degli organi responsabili dell'endometriosi, senza possibilità di ripristinare le funzioni riproduttive.
Data la natura radicalmente diversa di questi trattamenti variano anche prognosi e tempi di ripresa dopo l'intervento: se effettuati con successo, tuttavia, si riscontra un generale miglioramento del quadro diagnostico delle pazienti rispetto alle condizioni iniziali.
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