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Come comportarsi quando la pressione supera 140 su 90? Scopriamo i principali campanelli d’allarme e i possibili rimedi.
L’ipertensione arteriosa è una condizione patologica che colpisce oltre 1,2 miliardi di persone in tutto il mondo - di cui circa 16 milioni soltanto in Italia - con una maggiore concentrazione nei Paesi industrializzati e nella popolazione di età superiore ai 60-65 anni. Parliamo, dunque, di un disturbo molto comune e, spesso, privo di una sintomatologia ben riconoscibile, ma non per questo da sottovalutare in quanto costituisce uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di scompensi e/o malattie cardiovascolari (aritmie, arteriosclerosi, infarto) che, in alcuni casi, possono persino risultare fatali.
Alla luce di tutto ciò, tenere sotto controllo la pressione arteriosa, specialmente dopo una certa età o in presenza di un quadro clinico già compromesso, è senza dubbio un buon modo per fare prevenzione.
Recentemente, le nuove linee guida europee hanno fissato come obiettivo ottimale per il valore massimo della pressione un intervallo tra i 120 e i 129 mmHg, considerando quindi pressione alta qualsiasi valore costante pari o superiore a 130/80 mmHg. Questo aggiornamento riflette l’importanza della prevenzione e la necessità di intervenire tempestivamente in caso di ipertensione, al fine di ridurre i rischi associati a complicanze cardiovascolari.
La misurazione della pressione arteriosa si effettua tramite un apposito strumento chiamato sfigmomanometro, disponibile non soltanto all’interno di studi medici e strutture sanitarie, ma anche presso la maggior parte delle farmacie. Inoltre, diversi anni addietro è stata introdotta in commercio la versione elettronica di questo apparecchio, comodamente utilizzabile in ambienti domestici e in completa autonomia. Ciò ha consentito ai soggetti affetti da ipertensione - o comunque a rischio - di controllare più volte al giorno i valori della pressione in un contesto più tranquillo, evitando che questi possano venire influenzati da preoccupazioni e/o stati ansiosi.
A tal proposito, ricordiamo che la diagnosi di ipertensione (o ipotensione) va elaborata sulla base di alterazioni - rispettivamente in eccesso o in difetto - che si protraggono nel tempo (e non soltanto momentanee).
In base alle nuove linee guida, si raccomanda anche un monitoraggio regolare in ambiente domestico, utilizzando strumenti affidabili e certificati, per evitare effetti 'da camice bianco' che potrebbero alterare i valori.
Per questo motivo, è opportuno attenersi alle seguenti indicazioni:
È quindi fondamentale imparare a leggere i dati riportati dallo sfigmomanometro, ponendoli a confronto con i valori normali indicati sulle tabelle, in maniera tale da rilevare anche da soli eventuali anomalie.
Per cominciare, è utile sapere cosa si intende esattamente per pressione arteriosa, ossia la forza esercitata dal flusso sanguigno contro le pareti dei vasi entro cui avviene la circolazione e che deriva dall’azione di pompaggio da parte del cuore. Tale forza, misurata in millimetri di mercurio (mmHg), viene espressa attraverso due valori complementari:
In ultimo, la differenza tra pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima) prende il nome di pressione arteriosa differenziale.
La comunità scientifica internazionale ritiene che i valori ottimali, per un individuo adulto a riposo, siano pari a 120 per la pressione sistolica (o massima) e ad 80 per la pressione diastolica (o minima).
Secondo le nuove linee guida europee, il valore ideale della pressione massima dovrebbe essere inferiore a 129 mmHg. Si parla invece di pre-ipertensione quando la pressione massima è compresa tra 130 e 139 mmHg e la minima tra 80 e 89 mmHg. Queste indicazioni mirano a favorire interventi tempestivi per prevenire lo sviluppo di gravi patologie cardiovascolari.
Va da sé che, più ci si allontana da questo range, più il quadro clinico diventa preoccupante. Specialmente se l’alterazione permane nel tempo.
Di seguito riportiamo invece la tabella di riferimento fin qui usata in Italia e nel mondo:
Valori max./min. Esito
< 50/33 mmHg Pressione bassa pericolosa
< 60/40 mmHg Pressione bassa grave
< 90/60 mmHg Pressione bassa (ipotensione)
= 120/80 mmHg Pressione ottimale
< 130/85 mmHg Pressione accettabile
< 140/90 mmHg Pre-ipertensione
< 160/100 mmHg Pressione alta (ipertensione stadio 1)
> 160/100 mmHg Pressione alta grave (ipertensione stadio 2)
Pertanto, secondo questa tabella, un soggetto è affetto da ipertensione - o, più comunemente, pressione alta - quando i valori della pressione massima (sistolica) e della pressione minima (diastolica) superano rispettivamente 140 mmHg e 90 mmHg in maniera costante.
Sulla base di questo principio, la domanda che molti si pongono è la seguente: se uno o entrambi i valori della pressione arteriosa sono pari (o superiori) a 140/90, mi devo preoccupare? Ebbene, la risposta è: «sì».
Come si evince dalla tabella proposta al paragrafo precedente, l’ipertensione è da considerarsi clinicamente rilevante se i valori della pressione sistolica (massima) e diastolica (minima) - o anche solo uno di essi - superano rispettivamente la soglia di 140 mmHg e di 90 mmHg.
Tuttavia, già a partire da valori costanti pari o superiori a 130/80 mmHg, è consigliabile monitorare la pressione con attenzione e intervenire con modifiche allo stile di vita se necessario.
In altre parole, una singola misurazione fuori norma - soprattutto se eseguita dal medico o in un momento di particolare stress - non dovrebbe destare eccessivo allarme. Se, tuttavia, il fenomeno si verifica in diversi momenti della giornata, anche a casa o in contesti rassicuranti, allora è opportuno rivolgersi ad uno specialista per iniziare un percorso mirato.
Percorso che prevede, innanzitutto, la modifica della dieta e del proprio stile di vita e, ove necessario, la somministrazione di una terapia farmacologica che contribuisca a riportare i valori entro un range adeguato.
L’approccio terapeutico diviene indispensabile nel caso in cui i valori della pressione arteriosa risultino maggiori di 160/100 mmHg, ma anche per quei pazienti che, pur non superando tale soglia, hanno già compiuto 60-65 anni di età e/o presentano patologie concomitanti (o ulteriori fattori di rischio).
L’ipertensione arteriosa può derivare da una o più cause specifiche o, come accade nella maggioranza dei casi, da una combinazione - ancora oggi non del tutto chiara - tra genetica, condizioni sociali, ambiente e stile di vita.
A ciò si aggiungono svariati fattori di rischio, che spiegano come mai alcuni individui siano più propensi, rispetto ad altri, a sviluppare tale condizione.
Per cominciare, è necessario distinguere tra:
L’ipertensione primaria è quindi dovuta a diverse concause, tra cui:
Vediamo alcune delle cause più comuni:
Infine, è importante menzionare anche i seguenti fattori di rischio:
In conclusione, sia le cause che i fattori secondari - specie se sommati tra loro - tendono a far impennare la pressione arteriosa al di sopra dei valori che la comunità medica considera accettabili. Tali valori - ricordiamo - corrispondono a 140 mmHg (per la massima) su 90 mmHg (per la minima).
Tutto ciò rischia di compromettere gravemente le condizioni di salute del paziente, aumentando le probabilità di andare incontro a problemi cardiovascolari, renali, neurologici e cognitivi sul lungo periodo.
L’ipertensione è una condizione piuttosto subdola, in quanto completamente asintomatica nella quasi totalità dei casi. Ed è proprio per questo motivo che le è stato conferito il titolo di killer silenzioso.
Solo di rado, infatti, compaiono sintomi come: mal di testa, vertigini, acufeni (ovvero rumori - spesso simili a fischi - percepiti da un lato o da entrambe le orecchie, in assenza di stimoli provenienti dall’esterno), dolore al torace, difficoltà respiratorie e/o perdita di sangue dal naso.
Per un approfondimento sui sintomi della pressione alta, puoi leggere il nostro articolo dedicato.
Si tratta, tuttavia, di una sintomatologia comune ad un ampio spettro di patologie, tanto che numerosi pazienti finiscono per sottovalutarla o persino ignorarla del tutto, esponendosi al rischio di ulteriori complicanze.
In assenza di una terapia adeguata, tali complicazioni possono includere:
Dunque, per evitare di incorrere in conseguenze spiacevoli, è importante tenere d’occhio i valori della pressione arteriosa già a partire dai 18 anni di età, sottoponendosi ad almeno due-tre misurazioni su base annuale.
Gli specialisti consigliano anche di intensificare la frequenza dei controlli con l’avanzare dell’età e/o in presenza di fattori di rischio - come, appunto, sovrappeso o obesità, vita sedentaria, diabete ed altre patologie croniche.
Se, a seguito di misurazioni ripetute nel tempo, i valori della pressione sistolica e diastolica si mantengono al di sopra di 140 e 90 mmHg, è il caso di rivolgersi ad uno specialista per ulteriori approfondimenti.
Il primo passo consiste nel prenotare una visita cardiologica - tramite la piattaforma CupSolidale è facile e si evitano lunghe attese.
Solitamente si procede con l’anamnesi, in modo da chiarire le possibili cause della pressione alta, nonché eventuali fattori concomitanti.
Spesso è necessario sottoporsi anche ad altri esami, tra cui:
In attesa della visita, comunque, è utile seguire alcuni piccoli accorgimenti che contribuiscono a ridurre i valori della pressione arteriosa, ovvero:
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