Tutti noi sperimentiamo una sensazione di stanchezza al termine di una giornata di lavoro particolarmente intensa, dopo un esame o un evento stressante: è una condizione normale, che non dovrebbe destare alcun tipo di preoccupazione.
Comunemente, infatti, basta una notte di sonno o, al massimo, un breve periodo di relax, per ritrovare le energie che occorrono per affrontare gli impegni quotidiani.
Anche la cosiddetta “sonnolenza stagionale” o “da primavera” è una condizione fisiologica abbastanza comune - da non confondere, dunque, con la CFS - che si attenua con il passaggio dalla primavera all’estate, senza lasciare grossi strascichi.
Non è così per i soggetti affetti dalla Sindrome da stanchezza cronica, i quali riportano gravi interferenze in diversi ambiti: dal lavoro alla vita familiare.
Un’altra peculiarità della sindrome riguarda la tendenza ad accumulare la stanchezza, facendo sì che i sintomi più severi non si presentino repentinamente, bensì dopo un breve lasso di tempo, così da prolungare la fase di recupero.
Talvolta la persona colpita da CFS arriva a sentirsi talmente debilitata da non riuscire a svolgere i compiti più basilari, ad uscire di casa o, nei casi peggiori, ad alzarsi dal letto. Di conseguenza, non è raro che sopraggiungano altre complicazioni - tra cui depressione, ansia ed isolamento sociale - che finiscono per aggravare il quadro.