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Gli esami da fare per lo screening del tumore al seno: visita senologica, ecografia e mammografia. In cosa consistono e quando farli
Oggi, in Italia, all’incirca una donna su otto si ammala di tumore al seno nel corso della sua vita. La neoplasia mammaria può colpire donne di tutte le età, anche se la fascia più soggetta resta quella compresa tra i 50 e i 69 anni.
Se questa forma di tumore è quella maggiormente diagnosticata nelle donne, parallelamente crescono i tassi di guarigione e si abbassa la mortalità. Questo soprattutto grazie all’attività di prevenzione, incentrata su protocolli ben definiti con l’obiettivo di diagnosticare precocemente la malattia e permettere di curarla nella maniera più efficace e meno invasiva possibile.
Oggi, se diagnosticato in fase preclinica, il tumore al seno è guaribile in alta percentuale (fra l’80 e il 90% dei casi).
In tema di prevenzione del tumore la visita senologica a cura dello specialista, insieme o associata ad esami specifici come l’ecografia mammaria e la mammografia, costituiscono l’iter da seguire per ogni donna.
L’ecografia bilaterale al seno è l’esame di primo livello per la diagnosi precoce del tumore del seno. Per le donne di età inferiore ai 40 anni l’ecografia al seno è la prima visita da effettuare con l’obiettivo di individuare eventuali formazioni di noduli.
Con questa indagine è possibile studiare a fondo la ghiandola mammaria: si è dimostrata particolarmente affidabile nell’individuare lesioni, soprattutto quando si manifestano in mammelle caratterizzate da un’elevata componente ghiandolare o in un seno denso giovanile. Per questa ragione l’ecografia al seno è particolarmente indicata per le donne di età inferiore ai 40-45 anni, ma ad ogni età può essere associato alla mammografia.
La differenza tra queste due metodologie diagnostiche sta nella tecnologia che sfruttano. L’ecografia al seno si basa sull’emissione di ultrasuoni, mentre l’esame mammografico funziona grazie all’emissione di radiazioni. Bisogna sottolineare che, con il progresso delle tecnologie, i più moderni mammografi sono in grado di eseguire gli esami con dosi di radiazioni estremamente contenute.
L’ecografia al seno permette di individuare e valutare la presenza di eventuali anomalie risparmiando alla paziente la seppur minima dose di radiazioni che caratterizza invece la mammografia. Questo in particolare nelle donne giovani, a causa della conformazione specifica del seno perché l’ecografia consente la valutazione della mammella nella sua struttura adiposa e fibrosa permettendo di individuare strutture come la mastopatia fibrocistica o i fibroadenomi, ossia noduli benigni di consistenza fibrosa. La mammografia è invece mirata all’individuazione di micro-calcificazioni o noduli di piccole dimensioni soprattutto in donne che hanno una mammella in involuzione, quindi con più di 40 anni.
La procedura dell’ecografia è indolore, non presenta controindicazioni e non richiede alcuna preparazione specifica: il medico applica sul seno della paziente, sdraiata su un lettino, un sottile strato di gel acquoso e passa sul seno una sonda che emette ultrasuoni, permettendogli di visualizzare in tempo reale, su un monitor, le immagini della ghiandola mammaria.
L’ecografia mammaria è un esame che può essere effettuato in qualsiasi fase del ciclo mestruale, anche se viene preferita la fase post mestruale (5-12 giorno del ciclo). Non occorre alcuna preparazione specifica: la paziente viene fatta sdraiare su un lettino, con il braccio — corrispondente alla mammella sotto indagine — flesso, e la mano sopra la testa. Questa posizione consente un appiattimento della ghiandola e anche una maggiore immobilità nel corso dell’esame.
La mammografia bilaterale, come accennato, è un esame radiografico. Attraverso l’emissione di radiazioni a basso dosaggio (non dannose), offre informazioni preziose su microcalcificazioni e noduli di piccole dimensioni non visibili con l’ecografia o neoplasie in stadi iniziali. È utile per le donne che con l’avanzare dell’età presentano una mammella in involuzione adiposa, caratterizzata cioè dalla riduzione di tessuto ghiandolare e dalla presenza invece di una buona quantità di tessuto grasso.
Come si svolge? Si tratta di una radiografia effettuata comprimendo tra due lastre un seno alla volta. L’esame, per alcune donne più fastidioso, richiede pochi secondi e permette di ottenere immagini in tre dimensioni, a fronte di una minima esposizione ai raggi X. A effettuare la mammografia, in questo caso, è un tecnico di radiologia. Ma a garantire la sicurezza dell’indagine è la lettura separata dei risultati da parte di due radiologi senologi.
L’ecografia mammaria è in grado di evidenziare la presenza di formazioni nodulari che possono rendere necessario un intervento chirurgico o comunque una valutazione specialistica più approfondita. Il referto dell’indagine riporterà la dimensione e le caratteristiche dei margini di questo tipo di formazioni, elementi fondamentali per valutarne la natura benigna o maligna. Vi è poi un’ulteriore applicazione dell’ecografia al seno per la valutazione dei cavi ascellari. Molte donne hanno linfonodi nel cavo ascellare, che nel 90% dei casi risultano aspecifici, cioè non legati a patologie maligne, nonostante l’analisi ne riveli l’aumento di dimensioni. L’ecografia al seno può contribuire quindi a tranquillizzare la paziente. Nel caso di presenza di linfonodi specifici aumentati di volume, la prognosi, e di conseguenza la strategia, cambia completamente.
L’ecografia al seno permette inoltre di evidenziare patologie benigne, come ad esempio tutti i casi di mastopatia fibrocistica (cioè cisti liquide con fibrosi) noduli solidi benigni e formazioni nodulari a contenuto solido, con margini regolari e caratteristiche di assoluta benignità quali fibroadenomi, lipomi, ecc.
Ci sono poi una serie di patologie che con l’ecografia del seno non possono invece essere evidenziate, come ad esempio l’insorgenza di micro-calcificazioni, che possono essere segno di un tumore in una fase molto iniziale. Per queste formazioni che si possono presentare dopo i 40 anni è dunque necessaria la mammografia, magari supportata proprio dall’ecografia al seno. Infatti questa può essere molto utile a supporto della mammografia che anch’essa talvolta, da sola, può non essere sufficiente a individuare un tumore. Ciò è vero soprattutto per le donne che, pur essendo nella fascia d’età dello screening mammografico (dai 40 ai 70 anni), hanno un seno denso e ricco di tessuto fibroso, in grado di “mascherare” la malattia. Anche se fino ad oggi nessun altro esame si è rivelato più efficace della mammografia, grazie alla quale la mortalità del tumore al seno è calata del 30 per cento negli ultimi vent’anni, dei limiti ci sono. Per questo l’ecografia del seno a integrazione della mammografia è talvolta necessaria.
Il consiglio è che facciano l’ecografia al seno le donne giovani, idealmente a cadenza annuale. In alcuni casi particolari, quando ad esempio si vuole valutare l’eventuale aumento dimensionale di qualche nodulo, può anche richiedersi una ripetizione semestrale.
La mammografia viene consigliata di solito dopo i 40 anni. Se siamo in presenza di una familiarità per tumore alla mammella, però, è bene che l’esame venga anticipato attorno ai 35/38 anni.
In ogni caso a partire dai 40 anni il percorso di prevenzione del tumore al seno deve prevedere autopalpazione (a cadenza mensile) e visita senologica con ecografia mammaria e mammografia.
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